Per delineare, sia pure sommariamente, la storia di Jesolo è necessario evidenziare che in quest'area, nel corso dei secoli, la natura ha subito metamorfosi tali da condizionare sempre le vicende umane.
Al momento della penetrazione romana nel Veneto Orientale, avvenuta nel 186 a.C., il territorio jesolano aveva un aspetto pressoché simile a quello attuale della laguna di Venezia, con cui, allora come oggi, confinava a ponente, mentre sul versante opposto altre lagune creavano un ambiente omogeneo che giungeva sino ad Oderzo e a Grado. La laguna jesolana era delimitata a monte da barene a ridosso degli odierni abitati di Meolo e Musile di Piave, margine oltre il quale si estendeva la pianura, allora ricoperta da un'immensa selva, sacra a Fetonte figlio del Sole. A valle, invece, si adagiavano i Lidi: una lunga e sottile barriera disposta in senso parallelo alla costa a separare ed a proteggere la laguna dall'Adriatico.L'interno, infine, era punteggiato da isole.
Studi recenti sulla stratigrafia del suolo stanno confermando che in epoche remote le poderose colmate del Piave crearono una concentrazione di isole lungo le dorsali del suo tronco principale, allora sfociante sul territorio del Cavallino. Tali isole, che in epoca più tarda avrebbero assunto il nome di Equilium dalla maggiore per estensione, si sarebbero quindi trovate nel territorio comunale, a ridosso dei lidi, all'incirca nei luoghi ove oggi sorge il centro urbano di Jesolo.
Le invasioni barbariche
Nel 568 si verificò un fatto nuovo: giunsero i Longobardi che, a differenza di quanti li avevano preceduti, si stanziavano nella terra che invadevano, asservendone gli abitanti. Nel 572 il Veneto era nelle loro mani, ad eccezione di Oderzo, Altino e le isole lagunari che continuavano ad essere soggette all'Impero Romano d'Oriente.
La nascita
Il re longobardo Rotari, traendo pretesto dall'eccidio di Oderzo dei longobardi Taso e Caco, duchi del Friuli, espugnò la città , sicché parte degli opitergini, guidata dal Vescovo San Magno, migrò nelle lagune, ove nell'isola di Melidissa fondò una città : Eraclea (638).Più tardi (667) un altro re longobardo: Grimoaldo, mosso da rancori personali, ordinò la distruzione di Oderzo e la dispersione dei suoi abitanti, determinandone l'esodo verso la laguna. Essendo Melidissa satura, i fuggiaschi si stanziarono nelle isole di Equilio fondandovi una nuova città : Jesolo.
Il periodo aureo
In un brevissimo lasso di tempo Jesolo divenne una città ricca e popolosa, grazie alla sicurezza garantitale dalla posizione insulare e al florido sviluppo del commercio marittimo, che ne faceva un cardine negli scambi fra i mercati italiani e quelli bizantini. La città divenne sede vescovile e (secondo più cronache) all'inizio del secolo ottavo vantava ben 42 chiese a corona della cattedrale dedicata a Santa Maria.
Il declino e l'abbandono
Jesolo sopravvisse pure al catastrofico maremoto che nel 1110 mutò la geografia del litorale veneto da Caorle a Malamocco, ma oramai era ridotto a un villaggio, la cui sola importanza veniva dall'essere tuttora sede vescovile. Però è da rilevarsi che dal XIII secolo i suoi presuli furono per lo più membri di ordini monastici, cioè sacerdoti temprati a una vita di sacrificio, e dalla metà del XIV secolo la diocesi cominciò ad essere affidata a vescovi ""commendatari"", residenti altrove.
D'altronde la situazione ambientale peggiorava costantemente: continue alluvioni alimentavano l'impaludamento e la malaria estendeva sempre più il suo funereo impero. Non desta quindi sorpresa la soppressione della sede vescovile decretata il 12 ottobre 1466 dal pontefice Paolo II, che ne assegnò il territorio al patriarcato di Venezia. In appena 20 anni da quella abolizione ogni residua traccia di Jesolo scomparve.
Cavazuccherina
A promuovere la ripresa fu un nobile casato veneziano che vi possedeva vaste proprietà : i Soranzo. Infatti, non trovando agricoltori disposti a coltivare le loro terre, in quanto vi mancava l'assistenza religiosa, i Soranzo fecero costruire in quel luogo una chiesa. Il 13 dicembre 1487 Tommaso Donà , patriarca di Venezia, dedicava questa chiesa a San Giovanni Battista e la erigeva a parrocchia.
Pian piano attorno a quella chiesa cominciò a formarsi un villaggio che, quasi timoroso dell'antica grandezza, non riprese l'antico nome di Jesolo, ma assunse quello di Cavazuccherina, dall'omonimo canale che in quegli anni veniva scavato nel suo territorio.
Cavazuccherina riuscì a trovare un suo assetto per cui, benché la condizioni ambientali permanessero precarie, la popolazione prese ad aumentare.
Nel 1766 il paese contava 1460 abitanti, dediti in prevalenza all'agricoltura e all'allevamento del bestiame: a tale data, infatti, il patrimonio zootecnico ammontava a 1529 bovini, 258 cavalli e 121 ovini. Cavazuccherina però non godeva di autonomia amministrativa, dipendendo dalla lontana podesteria di Torcello. Solo più tardi, caduta la serenissima (1797) e subentrato il regno napoleonico d'Italia (1806), divenne finalmente Comune.
Le prime bonifiche
Il progressivo ampliarsi delle superfici coltivabili e il fabbisogno di manodopera richiesto dai lavori di bonifica determinarono un costante sviluppo di Cavazuccherina: la popolazione balzò a 1703 abitanti nel 1831, 2108 nel 1862, 3170nel 1879 e 10010 nel 1911.
Il centro urbano dal suo canto cominciò ad espandersi e ad arricchirsi di negozi e laboratori artigiani. Addirittura nel 1895 si registrò un primato: fu inaugurata la linea telefonica Cavazuccherina- San Donà di Piave, il primo collegamento telefonico intercomunale in Italia.
La grande guerra
Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale bloccò ogni iniziativa e nell'autunno del 1917 l'invasione austriaca, seguita allo sfaldamento del fronte italiano a Caporetto, distrusse quanto a fatica realizzato. Infatti, l'avanzata austro-ungarica fu arrestata proprio lungo il corso del Piave, sulla cui sponda destra s'ancorarono le truppe italiane. L'unica eccezione fu proprio quest'area, ove gli austriaci, il 13 novembre 1917, riuscirono a varcare il fiume a Grisolera (Eraclea) per cui le linee italiane arretrarono, attestandosi sul versante destro di tre corsi d'acqua: Piave Vecchia (da Musile a Caposile), Sile (da Caposile e Cavazuccherina) e Cavetta (da Cavazuccherina a Cortellazzo).
Così Cavazuccherina anziché rimanere nelle retrovie venne a trovarsi in piena zona d'operazioni, per cui fu distrutta dalle artiglierie che battevano le opposte posizioni.
Nel giugno del'18 gli austriaci nel disperato sforzo di risolvere la guerra scatenarono un cruento attacco. Ma l'offensiva fu fermata. Il 12 luglio, a Cortellazzo, i marinai del ""San Marco"" espugnarono il caposaldo di Casa Allegri annientando la viennese compagnia della morte. Era il preludio del decisivo contrattacco italiano. Superato il Piave e allontanatosi il fronte, a Cavazuccherina, divenuta lontana retrovia, si cominciarono a raccogliere i caduti di quella rovente battaglia, italiani ed austriaci, accomunandoli per l'eterno riposo nel suggestivo cimitero di Ca' Gamba. Poi fu al pace e con essa ebbero inizio la ricostruzione e la storia della nuova Jesolo, l'attuale.
La grande bonifica
Fin dal decennio della ricostruzione venne abbandonato il vecchio e povero standard di colture. L'agricoltura dagli anni '30 si espresse su tutto il territorio comunale in ampi campi rigogliosi di frumento, di granoturco, di barbabietole da zucchero, di foraggi per centuplicare nelle stalle i bovini da latte e da lavoro. Pregiati divennero i vini - oggi classificati di origine controllata- prodotti da vigneti messi a dimora sin dagli anni '30.
Attorno al lavoro agricolo crebbero e si organizzarono mestieri artigianali diversi.
Fu il riscatto e il risveglio alla vita e alla speranza in un futuro più umano. Era l'anno 1930 quando, su questa terra mesopotamica, ritornò il nome di Jesolo. Cavazuccherina era ormai sinonimo di paludi lontane, di malaria e di lavoro gramo, quello della diversione di fiumi. A volere il ritorno dell'antico nome di Jesolo fu tutta la popolazione. E a poco a poco la gente scoprì il suo mare apprezzandone i benefici curativi, attratta sempre più da un nuovo e irresistibile fascino. Vi arrivava nei giorni festivi a piedi, in bicicletta o in diligenza: una carretta imbandierata e trainata da uno o due cavalli a far servizio pubblico dal centro del vecchio paese, dove giungevano poche corriere dai paesi vicini.
Non si fecero attendere i primi stabilimenti balneari. Sono edifici in legno, riecheggianti più i casoni della bonifica che altro. Seguirono negli anni '30 alberghi cn ristoranti. Sono il Vidi, il Bagni Miramare, il Centrale, il Rosa, il Casa Bianca, l'Aurora, l'Eden-Dopolavoro e pochi altri. Nel 1946, il Lido di Jesolo si ridestò dal suo timido inizio di crescita strutturale, interrotto per altro dalla seconda guerra mondiale, e crebbe a dismisura. Fu un risveglio inarrestabile, durato 25 anni di costruzione febbrile. Oggi Jesolo è la seconda spiaggia d'Italia con sei milioni di presenze turistiche. La sua struttura ricettiva consta di 450 alberghi d'avanguardia e 12.000 appartamenti per un totale di duecentomila posti letto vi sono inoltre circa 2.000 negozi.
Non va dimenticato l'aspetto più notevole della spiaggia di Jesolo: l'efficacia terapeutica. Infatti, da studi del prof. Antonio Vegro, libero docente di fisiotalassoterapia all'Università di Milano, eseguiti sulla sabbia, sull'acqua e sull'aria jodata dell'alto Adriatico, con particolare riferimento a Jesolo, sono emersi elementi altamente positivi con proprietà curative eccezionali. Significativi pure gli esami chimici condotti dall'università tedesca di Wiesbaden, dai quali si è verificato che l'acqua del mare di Jesolo è fra le più pulite d'Europa.
Da questi presupposti naturali e storici si diparte il fascino di Jesolo, spiaggia europea, libera e ospitale per vocazione veneta che, pur dentro a continui e molteplici problemi, riesce comunque ad emergere ed a rinnovarsi di continuo, rispondendo pregevolmente ad ogni esigenza dei suoi ospiti.